La sicurezza e la salute sul lavoro sono il prodotto complesso di un equilibrio fra aspetti organizzativi, sociali, personali. La rottura di questo equilibrio può manifestarsi in tanti modi; nel seguito alcuni episodi citati ad esempio:
- un operaio si ustiona con una sostanza chimica (un infortunio, manifestazione di rischio chimico);
- un manutentore resta coinvolto per trascinamento fratturandosi due dita (un infortunio, manifestazione di rischio meccanico);
- un impiegato fatica a sentire di essere adeguato e di avere risorse sufficienti per fronteggiare le scadenze e le responsabilità (nascita di stress, che a certe condizioni può essere negativo; manifestazione di rischio psicosociale, o come si dice in Italia di “rischio stress”);
- un magazziniere viene spesso umiliato e vessato dai propri colleghi, in una specie di bullismo di gruppo (oltre ad un possibile stress, si può parlare di un possibile mobbing “orizzontale”; manifestazione di rischio psicosociale);
- un’impiegata viene occasionalmente resa bersaglio di battute a sfondo sessuale da un collega (una molestia; manifestazione di rischio psicosociale);
- un infermiere, dopo alcuni anni di lavoro in un reparto impegnativo, sente un disagio crescente nello svolgimento della sua professione, che lo porta a prendere le distanze dal proprio lavoro e ad avere dei sintomi di malessere (un possibile caso di sindrome del burnout; manifestazione di rischio psicosociale);
- per problemi di organizzazione i manutentori di un reparto non riescono ad intervenire con efficacia e tempestività, allungando i tempi di ripristino e la qualità degli interventi di riparazione (se si tratta di un danno per l’azienda non siamo abituati a considerarlo un “rischio” per la salute e la sicurezza; in realtà il “completo benessere fisico, mentale e sociale” di cui parla l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’art. 2 del D. Lgs. 81/08 dovrebbe includere anche la salute organizzativa, quanto meno fra le condizioni della salute delle persone; e la salute organizzativa viene definita, sebbene con sfumature differenti secondo gli autori, come un’organizzazione in grado di produrre benessere per chi vi lavora ma in salute anche dal punto di vista dell’efficienza e del business).
Si può ritenere che il rischio psicosociale sia “l’insieme delle condizioni sociali e organizzative che possono causare danno”, ciò per distinguere le ragioni del danno da quelli di tipo meccanico, chimico, da incendio, ecc. Si tratta di una definizione in letteratura, recentemente ripresa dall’Agenzia Europea Sicurezza e Salute. Prendere sul serio questo capitolo include andare ben oltre al “rischio stress” sul quale negli ultimi anni in Italia vi è stato un dibattito e una produzione di norme, ma iniziare a considerare altri fronti:
- il tema delle violenze, sotto forma di mobbing, minacce, molestie, ecc., sia da parte di persone interne all’organizzazione che da terzi (clienti, pazienti, ecc.); mentre in tutta Europa si considera che tali rischi si possano valutare e prevenire, in Italia sono considerati per lo più sotto un profilo di riconoscimento e risarcimento del danno, in quanto fenomeni che riguardano la volontà individuale di recare danno; si veda il documento dell’Agenzia Europea del 2011 in tal senso;
- il tema degli infortuni in una nuova dimensione: troppo spesso l’analisi degli incidenti si chiude menzionando cause tecniche o prodedurali o disciplinari, trascurando le cause radice che spesso (se si sanno scorgere) includono problemi di organizzazione, di comunicazione, di ergonomia, in una parola fattori psicosociali alla base di incidenti e infortuni; infatti lo stress e gli altri rischi psicosociali incidono molto sulle dinamiche infortunistiche; che senso ha includere gli indici infortunistici fra gli “eventi sentinella” della valutazione del rischio stress, e non considerare fra le cause di infortunio o incidente le radici dello stress?
- il tema della salute organizzativa riguardante anche i problemi di performance, cioè i danni per la performance (collettiva o individuale) dovuti a limitazioni di tipo organizzativo; ad es. problemi di qualità, ritardi di consegna, tempi di ripristino, reclami dei clienti, ecc., ove questi trovino genesi (come spesso accade) in fattori organizzativi o relazionali; ciò ha senso sia perché la salute è minacciata o limitata da un’organizzazione che non riesce a dare il meglio, sia perché fra le cause di stress sono annoverate molte cose che impattano allo stesso modo sulla prestazione organizzativa (chi non se ne fosse accorto facendo la valutazione del rischio stress potrebbe fare l’esercizio di tornare a rileggere i “fattori di contesto” per esempio e chiedersi se essi non siano anche spesso a limitare o facilitare la prestazione);
- il tema dell’ergonomia, che è una scienza applicata che si occupa dell’analisi dell’attività umana a 360° per individuare le trasformazioni tese al miglioramento della prestazione e del benessere; per lo più questa definizione viene confusa con la scienza delle sedie comode o degli oggetti fruibili, o per gli esperti di sicurezza con la gestione dei pochi elementi normati (movimentazione manuale dei carichi, i movimenti ripetitivi, i problemi del videoterminale; qualche volta la comodità dei DPI); l’ergonomia è molto di più e potrebbe contribuire molto al dibattito ed alle applicazioni pratiche.
In una parola, per affrontare seriamente ed efficacemente il capitolo dei rischi psicosociali occorre reimpostare in una visione nuova molte tematiche della sicurezza e della salute al lavoro, in modo che siano tematiche integrate con le finalità del business e non in conflitto con questo. Già ora esistono strumenti, conoscenze, esperienze per affrontare in modo sistemico molte di queste problematiche.
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