Il documento pubblicato dall’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute nel 2011 “Occupational Safety and Health culture assessment – A review of main approaches and selected tools” (“Valutazione della cultura di sicurezza – Una revisione dei principali approcci e strumenti selezionati”, raggiungibile al link) non lascia spazio a dubbi: le aziende che vogliano un miglioramento della prestazione di sicurezza non possono evitare di fare i conti con il tema della cultura di sicurezza. Vale a dire con i significati che attribuiscono alla sicurezza, con il reale valore che questa assume, con il modo in cui tutto ciò si riflette nei processi e nei comportamenti reali. Si noti che il documento menzionato non parla di teorie ma di strumenti ed applicazioni.

E’ opportuno collegare tale riflessione con il tema delle competenze non tecniche (“non-technical skills”) la cui importanza è sempre più rivalutata. La recente nascita della Associazione Italiana Non-Technical Skill (AINTS) testimonia l’esigenza di inquadrare finalmente la sicurezza con nuove categorie, che vadano oltre e completino la chiave di lettura tecnico-normativa. Queste competenze sono considerate importanti ove la cultura di sicurezza sia già avanzata. 

Quando si cerca di impostare un discorso sulla cultura di sicurezza con i professionisti del settore (ad esempio nei corsi per RSPP o in altre occasioni di operatività) ci si può trovare di fronte a due atteggiamenti diversi.

  • una parte delle persone collega immediatamente il concetto di “cultura” a qualcosa di astratto, a una cosa sulla quale non si può influire, e che comunque non è questione che riguardi il professionista della sicurezza, che invece si occupa di aspetti più tecnici e rivolti alla conformità; l’esternazione tipica è quindi “la cultura di sicurezza deve iniziare dalle scuole” (cioè “non è affare mio”); normalmente in questo tipo di visione le competenze non tecniche sono una cosa non essenziale, una cosa in più;
  • un’altra parte collega invece la “cultura” alle cose che si fanno e si condividono concretamente in un luogo di lavoro e nella sua comunità di persone; con le decisioni e i comportamenti che ne conseguono; la cultura viene vista come qualcosa su cui si può influire, e si ritiene che sia il primo punto dal quale deve partire ogni serio professionista di sicurezza, perché essa dà un significato diverso e più completo agli aspetti tecnici e di conformità; l’esternazione tipica è “costruiamo una cultura di sicurezza giorno dopo giorno”; in questa visione di solito le competenze non tecniche tendono ad essere valutate come indispensabili per una vera costruzione della sicurezza. 

Lascio al lettore la (facile) conclusione su quale sia l’approccio delle aziende che hanno migliori prestazioni di sicurezza.