Esiste un numero di infortuni fisiologico in un’organizzazione? E’ possibile ottenere “zero infortuni”? Qual è il livello di rischio ottimale?

Se la vita di un individuo si limitasse a mantenere l’omeostasi soddisfacendo i bisogno primari (fame, sete, ecc.) sarebbe una vita molto riduttiva. L’essere vivente sano cerca da un lato di mantenersi vivo nel proprio ambiente, d’altro lato cerca di realizzare la propria natura, e ciò comporta l’affrontare dei rischi ed accettare l’eventualità di reazioni catastrofiche. Se un individuo dedicasse un eccesso di attenzione alla propria sicurezza e salute, tale da abbassare oltre certe soglie la probabilità di subire infortuni o di ammalarsi (effetto “campana di vetro”), ciò lo porterebbe a perdere moltissime esperienze che sono richieste per una vita normale, in cui si apprenda e si cresca. Un individuo non esiste al fine di non farsi male; non farsi male è funzionale ad altri fini. Correre rischi fa parte della normalità. Nessuno viene ricordato nella storia perché non si è fatto male.

Allo stesso modo, un’organizzazione sana accetta di affrontare i rischi. Il risk management non è l’evitamento o l’azzeramento del rischio. E affrontare i rischi significa, con ogni probabilità, avere anche prima o poi eventi negativi. Quindi il livello fisiologico di sicurezza di un’organizzazione sana non è quello che giunge a “zero infortuni”.

La questione “zero infortuni” è decisamente mal posta. Per impostare la domanda in termini seri e misurabili occorre:

  • stabilire a quale tipo di infortuni o di altri eventi negativi si fa riferimento (ad es. infortunio mortale, infortunio invalidante, near miss, infortunio da medicazione, situazione a rischio, evento di rilevanza ambientale, ecc.)
  • stabilire quale arco temporale viene preso in esame (un anno? un giorno? cento anni?)
  • stabilire qual è il livello di affidabilità dello strumento di misura, vale a dire del sistema di riporto che consente di intercettare gli eventi negativi definiti (come viene misurata la prestazione di sicurezza?)
  • stabilire qual è l’impegno nell’ottenere e mantenere un certo livello di prestazione (qual è la somma di tutti gli sforzi, economicamente monetizzabili in modo diretto o meno, per giungere ad un certo livello di prestazione?)

La domanda su quale sia il numero minimo di infortuni raggiungibile può trovare una risposta come segue: “data una definizione del tipo di evento che si sta prendendo in considerazione, dell’arco temporale di riferimento, e descritte le caratteristiche del sistema di riporto che consenta di intercettare gli eventi, il limite inferiore di eventi che può essere raggiunto è funzione dell’impegno che l’organizzazione può generare per il raggiungimento di tale livello di prestazione nell’arco temporale di riferimento, senza impedire obiettivi strategici di sviluppo e di prestazione”.

C’è sia un limite superiore che un limite inferiore ad un livello di rischio etico. Il limite inferiore corrisponde al fatto che se le persone e le organizzazioni non affrontano rischi, di fatto non crescono, non si sviluppano, non sono creative. Il limite superiore corrisponde al fatto che un eccesso di rischio comporta una riduzione della salute, del benessere e della prestazione.

Carlo Bisio, 2017, tutti i diritti riservati