Pochi ormai ricordano il dibattito sulla “formazione apparente” fra gli anni 70 e 80, ma il tema è ancora attualissimo. Spesso la formazione non risponde a veri bisogni, quindi non lascia il segno, non fa la differenza.

Sarebbe bene che i professionisti della formazione (e gli investitori) si ricordassero più spesso che fare formazione significa prima di tutto definire i bisogni e scegliere il mix di risorse più efficace per darvi risposta.

Senza diminuire il valore della formazione, si può affermare che la maggior parte di ciò che le persone sanno e sanno fare, lo hanno appreso al di fuori della formazione. Ciò è illuminante poiché ci ricorda che fare formazione non significa “mettere in aula” delle persone, ma strutturare delle situazioni e dei processi in cui le persone possano apprendere.

Sono però poche le realtà in cui questa opportunità è esplorata in modo operativo. Diversi sono invece i metodi attraverso i quali si può apprendere dall’azione. Fra tutti l’action learning, che consiste nel creare dei gruppi che risolvano dei problemi concreti (ma questi gruppi ci sono già, quasi sempre) e nel fare questo apprendano con l’aiuto di un coach, che aiuta il gruppo ad estrarre dall’esperienza le parti pregiate di conoscenza ed apprendimento.

Al sito del World Insitute for Action Learning si trova una descrizione del metodo ed alcuni materiali interessanti.

Ma spesso anche un affiancamento ben fatto, con un tutor o mentore consapevole del proprio ruolo e motivato, può essere un’ottima via all’apprendimento.

L’action learning, come gli altri metodi di apprendimento ‘oltre l’aula’, deve però essere governato all’interno di una strategia di sviluppo.

Quali sono i pensieri che distruggono l’efficacia di questi metodi?

  1. “Apprendere senza mettere in aula le persone? Bene, così risparmiamo i soldi della formazione”; in realtà questi metodi, se ben governati, arrivano ad ottimizzazioni ma non sono affatto privi di costi;
  2. “Ma come facciamo per le varie rendicontazioni per la nostra casa madre, o per il fondo interprofessionale, ecc.?”; il più delle volte si tratta solo di documentare nel modo più appropriato; le altre volte, significa che la burocrazia ha vinto ed ha ucciso una buona occasione di apprendimento e ha dissipato valore;
  3. “Ma noi abbiamo dei bravi formatori e un centro di formazione da far funzionare”; appunto; le migliori prassi indicano di trovare il giusto mix fra momenti di aula (che si possono considerare come il lievito nella torta) e momenti di apprendimento sul campo (il resto della torta). A chi piace una torta solo di lievito?